martedì 27 maggio 2014

Ho alzato gli occhi un istante e proprio sopra le mattonelle, lì nell'angolo, l'ho vista.
L'umidità di risalita, un minuscolo inevitabile danno.

Ha intaccato tutta la parte alta della parete, da entrambi i lati, scendendo brutalmente verso il basso.
Un degrado involontario, rugoso e grigiastro.

Notarlo è stato quasi una visione.

martedì 13 maggio 2014

Riesco a vedere l'addizione ma non la somma.

mercoledì 7 maggio 2014

Il piccione è rimbalzato dal cofano della macchina in direzione della mia faccia a una velocità inaudita.
L'ho visto arrivarmi incontro come una palla grigia.
È morto contro il muro dietro di me, schiacciato contro la parete per poi scivolare sull'asfalto.
La macchina ha inchiodato, il signore è sceso e ha guardato se stavo bene.
Stavo bene.
Una scena schifosa e il piccione poteva davvero arrivarmi dritto in faccia, questione di centimetri.
A quel punto sarei finito io contro la parete mentre lui sarebbe sopravvissuto per qualche minuto, rantolante per terra.
E cosa sarebbe successo alla mia faccia? Continuo a pensarci mentre cammino.
Il signore scende dalla macchina e si precipita a soccorrermi, il piccione accartocciato e stecchito, io con danni visibili al viso e la probabilità di aver preso qualche malattia dal pennuto.
Brutto modo per rimanere sfregiati, anche solo per l'ilarità generale quando racconti del come e del perché di quelle cicatrici sulla fronte.

lunedì 28 aprile 2014

Piccole dichiarazioni d’amore.
Dico piccole perché ci conosciamo appena e dichiaro quel che posso.
Ma giuro sono tutte sincere, ogni singola unità che le fa tutte.

La dichiarazione per la bocca a punta e per la risata che ne viene fuori.
Quella per la pelle, quella per aver finalmente deciso di cambiare taglio di capelli.

La dichiarazione quasi in ginocchio per il tonno in scatola e per la gita a Vigevano.
Quella per starmi sempre intorno fregandotene dei giramenti di testa.

Ora mi serve ancora un attimo per potertene dare una intera.
Vedrai sarà sontuosa, con le fanfare.
Ci metterò dentro il tempo, la mia memoria che non funziona e la tua che è sempre stata un portento.
Due anziane parlano di macedonia sull’autobus.
Sedute composte faccia a faccia, mani sulle borsette.
Cappellini di lana che graffia, foularini leggeri.
Parlano di cene che guai mai non offrire un dolce, almeno un frutto.
Io preparo sempre la macedonia dice una.
La banana va lasciata macerare nel limone per perdere le macchie
e ricordati sempre l’arancia, è importante per dare sapore.
Poi mi raccomando toglila che da mordere così intrisa di succo sa di strano e non di buono.
Se non ci sono mai è solo perché vorrei esserci sempre.

martedì 22 aprile 2014

Spezzi la fame mentre cucini, spezzi il pane sul piatto per non sporcare la tovaglia e spezzi gli spaghetti appena l'acqua bolle.
Spezzi il fiato quando corri dopo pranzo, spezzi la giornata con una lunga pausa nel primo pomeriggio, spezzi il filo della corrente per sbaglio e spezzi una lancia in suo favore durante la riunione con il capo.
Spezzi un ramo mentre ti arrampichi sull'albero in giardino e ti spezzi la gamba destra appena poggia terra, quasi spezzi un braccio.
Spezzato tutto lo spezzabile, a fine giornata, passi al mio cuore.
Piange sul letto, sdraiato sul fianco.
Si forma un piccolo lago salato tra l'occhio e il naso.

Lei dice qualcosa di triste e il lago si gonfia.
Scivola giù dal letto e poi scompare.

domenica 20 aprile 2014

Si sveglia felice da fare schifo.

Capelli scompigliati e faccia stanca.
Rimangono visibili le occhiaie, non c'è tempo per truccarsi.

Pallida cammina verso il lavoro. Seguono otto ore difficili.
Ritorno complesso, il sonno aumenta.

Gira la chiave, apre la porta e trova te che sorridi felice da fare schifo.
Se io metto i tuoi occhiali ci vedo male esattamente come tu senza?
Treno. Vagone ristorante.
Che poi, ristorante, è a malapena un bar.

Uomo grasso, accento veneto.
Ordina un caffè e una birra in lattina.

Un sorso al caffè e uno alla birra.
Chiede un altro caffè per finire la birra rimasta.
Gusta il miscuglio dondolando.

Seguono altre due ordinazioni della medesima ricetta.

venerdì 28 marzo 2014

Se consideri la rapidità con cui è successo, vedi subito perché mi ci siano voluti giorni per capire.
Mi avevi detto aspetta qui, ho dimenticato una cosa.
Ricordo una veloce paura e la macchina che mi arriva dritta in pancia.

Mi sveglio sulla strada, sdraiata e sola.
Bello azzurro il cielo, altri colori si muovono ai lati.
Mi sollevano e trasportano, non sento niente, secondo me sto bene.

Finalmente un pomeriggio tranquillo senza litigare dappertutto.
Perché quello avremmo fatto al tuo ritorno, dopo esserti dimenticato l'ennesima cosa.

venerdì 31 gennaio 2014


Mi dispiace ma io ti odio. Non so bene come sia successo ma ho iniziato a odiarti un pezzo alla volta, giorno dopo giorno.
Il primo odio per la voce, il tono la cadenza l’accento il volume la risata il masticare il mandar giù il bolo e di fila le labbra, le espressioni le fossette quando ridi gli angoli della bocca la bocca tutta intera e da lì in un secondo gli occhi e le mani quando parli disegni scrivi tocchi cucini apri la porta con le chiavi e la richiudi con il piede, ah il piede l’odio per i lacci le tennis con gli strappi i sandali, dai ti prego i sandali.
Credimi non volevo, ho provato a dirmi no ma cosa fai invece mi dispiace ma io ti odio.
Lo so, è sbagliato. Ma sai come funziona, al cuor non si comanda.
Pare che colonie e collegi fossero incubi formato bambino.
Peccato, ci avrebbe mandato volentieri i suoi così da riuscire a desiderare di farli sti bambini
con la serenità di mandarli ogni tanto lontano senza turbare i loro disegni e il loro rapporto con le verdure.
Le cose più interessanti che dico tu non le senti.
Arrivano fino al lobo e poi si disperdono sulla tua guancia.
Piccoli bacini che non senti.

martedì 21 gennaio 2014

Le signore ingombranti al bancone del bar bevono il caffè a gomiti alti.
Sono piene di cose da dirsi e di nipoti intelligenti.

Tu allunghi il braccio dalla seconda fila, arrivi alla tazzina e la tiri a te senza zucchero.

I figli ormai grandi, i cappotti di sartoria, Maria la vedi ancora?
Maria non esce mai sono passata a casa sua per gli auguri di Natale.
Sapessi che tristezza.

La tazzina scotta tutta e le labbra bruciano.
Stesso percorso al contrario fino al piattino, sopra al bancone.

Saranno questi i modi signorina, con quel braccio avanti e indietro mi rovescia tutto addosso.
La vita a un certo punto diventa il ritornello di una canzone dalla strofa molto lunga.