venerdì 31 gennaio 2014


Mi dispiace ma io ti odio. Non so bene come sia successo ma ho iniziato a odiarti un pezzo alla volta, giorno dopo giorno.
Il primo odio per la voce, il tono la cadenza l’accento il volume la risata il masticare il mandar giù il bolo e di fila le labbra, le espressioni le fossette quando ridi gli angoli della bocca la bocca tutta intera e da lì in un secondo gli occhi e le mani quando parli disegni scrivi tocchi cucini apri la porta con le chiavi e la richiudi con il piede, ah il piede l’odio per i lacci le tennis con gli strappi i sandali, dai ti prego i sandali.
Credimi non volevo, ho provato a dirmi no ma cosa fai invece mi dispiace ma io ti odio.
Lo so, è sbagliato. Ma sai come funziona, al cuor non si comanda.
Pare che colonie e collegi fossero incubi formato bambino.
Peccato, ci avrebbe mandato volentieri i suoi così da riuscire a desiderare di farli sti bambini
con la serenità di mandarli ogni tanto lontano senza turbare i loro disegni e il loro rapporto con le verdure.
Le cose più interessanti che dico tu non le senti.
Arrivano fino al lobo e poi si disperdono sulla tua guancia.
Piccoli bacini che non senti.

martedì 21 gennaio 2014

Le signore ingombranti al bancone del bar bevono il caffè a gomiti alti.
Sono piene di cose da dirsi e di nipoti intelligenti.

Tu allunghi il braccio dalla seconda fila, arrivi alla tazzina e la tiri a te senza zucchero.

I figli ormai grandi, i cappotti di sartoria, Maria la vedi ancora?
Maria non esce mai sono passata a casa sua per gli auguri di Natale.
Sapessi che tristezza.

La tazzina scotta tutta e le labbra bruciano.
Stesso percorso al contrario fino al piattino, sopra al bancone.

Saranno questi i modi signorina, con quel braccio avanti e indietro mi rovescia tutto addosso.
La vita a un certo punto diventa il ritornello di una canzone dalla strofa molto lunga.